Il riconoscimento dei titoli d’eccesso all’Università

La quarta sezione della Convenzione di Lisbona regola il riconoscimento dei titoli esteri di scuola secondaria per l’accesso alle diverse forme di istruzione superiore presenti in un Paese. E’ un capitolo importante perché riflette le forti differenze esistenti tra i Paesi firmatari in tema di durata della scolarità, di struttura e diversificazione dell’istruzione superiore, di bilancio tra formazione
generale e formazione professionale, di selezione degli accessi. A queste differenze la Convenzione fa fronte elaborando un codice di comportamento di sette norme condivise.


La prima norma – molto generale – ma certamente chiara è quella che prevede che se un titolo consente in un Paese di accedere a quel sistema di istruzione superiore, esso sarà accettato anche dagli altri Stati come titolo valido per l’accesso ai rispettivi sistemi nazionali di istruzione superiore.
Tale norma è tuttavia temperata dalla possibilità di rifiutare l’accesso ad un titolo estero qualora sussistano sostanziali e comprovate differenze tra i requisiti generali di accesso nei due Paesi. E’ il caso, ad esempio, di quei paesi nei quali la scolarità pre-universitaria ammonta complessivamente a dieci o undici anni.


La seconda norma tiene conto della situazione di quei Paesi che prevedono che determinati titoli di scuola secondaria diano accesso solo ad alcune tipologie di istituti di istruzione superiore o ad alcune aree disciplinari e non ad altre. La Convenzione prevede in questo caso che anche il paese estero possa limitare l’accesso con quel titolo ad analoghi istituti di istruzione superiore o ad analoghi programmi.


La terza norma tiene conto della situazione di quei Paesi nei quali esiste una distinzione tra condizioni "generali" di accesso all’istruzione superiore e condizioni "specifiche" per l’accesso a determinati corsi. La Convenzione prevede quindi che nei casi in cui in un Paese l’ammissione a programmi particolari di insegnamento superiore dipenda dalla presenza di requisiti specifici, oltre a quelli generali previsti per l’accesso, i Paesi di destinazione potranno imporre la presenza degli stessi ulteriori requisiti.


La quarta norma riflette il caso frequente in cui l’ammissione ad un determinato istituto di insegnamento superiore (numero chiuso) o ad un determinato corso di studio (ad esempio: medicina) sia limitata o selettiva. La Convenzione stabilisce da un lato che nei casi in cui in un certo Paese i diplomi di scuola secondaria diano accesso all’insegnamento superiore solo se si superano ulteriori esami di ammissione, gli altri paesi concederanno l’accesso solo se tali requisiti vengano soddisfatti (ovvero offrano un’alternativa per poterli soddisfare nell’ambito dei propri sistemi di istruzione; stabilisce inoltre che, nei casi di ammissione a numero chiuso o selettivo, occorra assicurare che la valutazione dei titoli di studio stranieri venga effettuata in base a principi di equità.


La quinta norma è ragionevole e di assai agevole comprensione. A chi viene dall’estero per studiare può essere richiesto di dimostrare una conoscenza sufficiente della lingua (o delle lingue) in cui viene impartito l’insegnamento nazionale.


La sesta norma si occupa di riconoscimento di titoli di studio "non tradizionali". In numerosi Paesi si può accedere all’università anche in assenza del tradizionale requisito del possesso di un titolo finale di scuola secondaria: ad esempio un adulto, che abbia una certa età o abbia accumulato una determinata esperienza professionale, anche se privo della "maturità", può accedere ad un esame semplificato ed immatricolarsi all’università. Tale opportunità – secondo la Convenzione di Lisbona – non impegna i Paesi in cui tale opportunità non sia prevista a riconoscerla per l’accesso al proprio sistema di istruzione superiore.


La settima norma regola il riconoscimento dei titoli secondari rilasciati da scuole operanti in un determinato Paese ma che fanno riferimento all’ordinamento scolastico di altri Paesi. E’ ad esempio il caso dei titoli rilasciati dalle scuole francesi o britanniche in Italia o dalle scuole italiane all’estero.


La Convenzione prevede che, ai fini dell’ammissione a programmi di insegnamento superiore, ogni Paese possa stabilire che il riconoscimento dei titoli di studio rilasciati da scuole straniere che operano nel proprio territorio, sia subordinata a condizioni specifiche previste dalla legislazione nazionale o ad accordi governativi bilaterali.